venerdì 5 dicembre 2014

FACCIAMO I PROGRESSISTI

E va bene. Facciamolo. Diventiamo amici e fondiamo un partito.
Tanto per cominciare, allontaniamo gli ideali e le culture politiche che servono solo a mettere zizzania dentro la comitiva, un po' come quando bisogna dividersi le ragazze. “Mannaggia al diavoletto che ci ha fatto litigare”.
Mettiamo al primo posto le persone, non gli schieramenti. Prendiamo Alfredo, che cerca sempre e solo il treno giusto su cui imbarcarsi, e gli regaliamo un bel biglietto per il vagone sei, con cuccetta, in prima classe. Prendiamo Lorenzo, un bravo ragazzo che ha tanta voglia di rincontrare i suoi vecchi amici. E mettiamoci anche Arianna che è una donna (e questa è già un'ottima qualifica). Tra l'altro ha anche un sorriso splendido.
Sta nascendo un'allegra brigata. Aggiungiamo Luca (così la smette di leggere libri di storiografia) e Andrea, che ascolta musica di nicchia. Tanto il suo ruolo nel partito sarà proprio questo, la nicchia.
Non resta che convincere Romolo. Brutta storia, quello vuole sempre stare al centro dell'attenzione, fare il capo, comandare. Insomma, è uno abituato a sedersi a capotavola, non gli piace che lo invitino a una cena organizzata da altri, anzi, c'è il pericolo che si alzi e se ne vada. Però se siamo abbastanza furbi possiamo ingabbiarlo.
Santo invece deve restare fuori dal gruppo. “Ics”. E' bravo solo a sparlare e cerca sempre qualcuno che lo accompagni dalla fidanzata a Palermo. Qui non c'è posto, si faccia dare un passaggio dal papà.
Bene, ora che lo zoccolo duro è creato possiamo dedicarci agli amici occasionali: quei tizi che non fanno parte a pieno titolo della comitiva (non ne sono degni) ma che ogni tanto possiamo concedergli l'onore di uscire con noi. Cominciamo dai ragazzi delle Giovani Marmotte, che sono sempre molto utili. Così, quando decideremo di fare un picnic o una gita fuori porta, avremo sempre qualcuno che prepara da mangiare, monta la tenda, raccoglie la munnizza. Mica possiamo portarci la filippina!
Altri amici occasionali potrebbero essere i Fricchettoni, ottimi per procurare fumo, sciarpe colorate e prodotti esotici. Rileviamo la bottega e li teniamo a fare i commessi.
Of course. Adesso le nostre feste saranno più belle di prima! Peccato non avere a disposizione la donna grezza del reality show che esce dalla torta e fa gli auguri al festeggiato. Sarebbero serviti anche Bob Sinclair e Raffaella Carrà.
Abbiamo creato una grande forza politica, non resta che darle un nome evocativo, che sia anche fresco e buono da sgranocchiare.
Come diceva Steve Jobs? “Siate affamati”. E mangiate.
Nuovo Centro Destra Sinistra”? Non va bene. Annoia. La sinistra non esiste più, la destra forse sì ma è passata di moda. E poi la nostra deve essere una forza innovativa, odorante di futuro.
Compagni”? E' un nome che puzza di sudore e sporcizia. “Partito” suona male, vecchia politica. “Democratici” c'è già, serve un sinonimo.
Progressisti”. Questo è buono! Perfetto! Geniale!
Progressisti, come una funzione che va da meno infinito a più infinito, valida per ogni X appartenente a inciucio.
Ce l'abbiamo fatta. Evviva i Progressisti!

Catania / Centro storico: difficile viverci, è di moda fuggirne

A Catania si respira una bruttissima aria, quasi irrespirabile. Gli episodi di illegalità stanno aumentando, tra risse, furti e atti di teppismo, al punto che anche chi scrive (non un catanese, ma una persona che frequenta Catania e segue la cronaca locale) se n’è accorto.
Ma non è solo questo a non far stare tranquilli. Lo è anche la psicosi mediatica, il virus della paura che si sta diffondendo: la città è descritta come “il bronx dei mammoriani”, con roboanti appelli a non uscire la sera nel centro storico, anzi, ad andare proprio via. O, peggio, a farsi giustizia da soli.
Ecco: questa spirale drammatica non porterà da nessuna parte. Nessuna parte, s’intende, in cui sia piacevole andare. L’unico risultato possibile sarà quello di creare barriere tra coloro che frequentano la città: benpensanti e zaurdi, perbenisti e villani, paurosi e incoscienti, timidi e spacchiosi. “Civili” e “incivili”.
Forse è il caso di fermarsi, prima che i catanesi comincino a diffidare anche del proprio vicino di casa. Cosa sta succedendo in città?
Secondo il “Manuale di criminologia per dilettanti”, i fatti che accadono a Catania sono quelli tipici di ogni città in fase di crisi economica. C’è, rispetto al passato, una microcriminalità diffusa, composta da individui (italiani e stranieri) che vivono oltre i confini della legalità e che per questo corrono notevoli rischi, pur non ricavandone grossi profitti. Del resto, difficilmente troverebbero un lavoro onesto che faccia per loro. Sono maleducati, violenti, arroganti.
E sono il peggio della società catanese. Anzi no. No, affatto. Perché c’è la Mafia, anche se non si vede, ed è ben diversa dal ragazzo che vediamo spacciare nel vicoletto. Se al vertice della piramide della criminalità c’è la malavita organizzata, questi balordi ne sono la base; la mafia è il loro datore di lavoro e proprio non li sopporta, ne farebbe volentieri a meno, perché sono rumorosi, indisciplinati, danno nell’occhio, creano disordini e possono diventare un problema per gli affari illegali.
L’interesse mafioso è diverso: creare un sistema imprenditoriale complesso, nel quale le risorse pubbliche diventano fonti di ricchezza per pochi; è mafioso appropriarsi dei beni comuni, come una piazza trasformata in parcheggio privato o una spiaggia libera trasformata in lido. A questa malavita farebbe comodo una città tranquilla e silenziosa, una città “civile” nella quale fare affari (legali e illegali), come la Milano dell’Expo, come era Catania negli anni ’60, “La Milano del Sud”.
Ci sono malavita comune e malavita organizzata. Poi, infine, c’è la maggioranza dei catanesi. A questa larga parte di città la mafia non dà fastidio, perché non si fa notare. La microcriminalità sì, invece: è il parcheggiatore abusivo di piazza Dante, la prostituta di Viale Africa, lo spacciatore di piazza Teatro Massimo. Per questo motivo il catanese medio ha deciso di astenersi dal vivere la propria città (niente di strano, succede anche altrove, ad Acireale è già successo nel centro storico). Ottima notizia per i centri commerciali. Perché per molti è inaccettabile farsi turbare la sensibilità dalla donna (sfruttata, umiliata, picchiata) impegnata a mercanteggiare col cliente, sarebbe meglio se questa lavorasse in casa, dove nessuno la vede (nessun guardone).
“Eccheppalle l’abusivo. Non ci ‘nne soddi”. Abusivi fastidiosi e insopportabili che diventano persone disperate da comprendere solo quando si danno fuoco e muoiono. Meglio non uscire la sera, boicottare il centro storico e lasciare, quindi, che i balordi ne siano gli unici padroni. Rassegnarsi all’inciviltà.
Sarà un paradosso, ma la parte più vitale della città è proprio quella cosiddetta “incivile”. Sporca, abusiva e passionale. Viceversa: la componente onesta e “civile” è anche quella più statica, rinunciataria, pigra. Si lascia morire. E trova, per lasciarsi morire, motivi a dieci a dieci.