mercoledì 13 luglio 2011

IL NUOVO PRESIDE

Il primo giorno di scuola dopo le vacanze è un giorno strano. Accade che la mattina prima sei in spiaggia a chiederti perché ci sia così poca gente, quella dopo ti ritrovi in una specie di manicomio pieno di ragazzine che si salutano gridando come se non si vedessero da decenni. Questo accadde al piccolo Pietro.
Solo che lui non trovò un manicomio ma una specie di cantiere: operai, gru, calce intorno all’edificio. Il ragazzo si avvicinò allora ad un lavoratore e chiese: <<Ma che state costruendo?>>
<<Milano 17… Portasse sfiga!>> rispose l’operaio.
Probabilmente erano le novità portate dal nuovo preside visto che l’altro era andato in pensione l’anno precedente; si vociferava che questo nuovo dirigente volesse fare le cose in grande …
Il piccolo Pietro non si diede preoccupazioni, contento di rivedere i  compagni di scuola, e non si preoccupò neanche quando vide che al posto del bar ora c’era un negozio cinese. Ma quando vide che il suo nuovo insegnante di filosofia era il Capo non capì più niente.
<<Ma ora da chi comprerò il gelato?>>
<<Da oggi solo cinese e kebab. Bene spieghiamo la dottrina del “ghe pensi mi”>>
La spiegazione durò tre minuti, poi iniziò l’ascolto di tutti i CD di Apicella e ciò fece rimpiangere Hegel agli studenti . Pallosissima. Si ricorse a Vezzosi,fu peggio. Poi la ricreazione.
Mentre digiunava rifiutando l’imposizione il piccolo Pietro incontrò un ragazzo suo amico che fino all’anno precedente studiava nella succursale dell’istituto.
<<Hey amico, che ci fai qui?>>
<<Non lo sai? Ci hanno sgomberati, adesso costruiranno una discarica al posto della succursale. A noi è stato concesso di studiare qui per i prossimi 6 mesi. Se non ci rinnovano il permesso di soggiorno finiremo a zappare la terra.>>
<<E che ne è stato delle suore?>>
<<Ssst! Zitto!>>  
Gli studenti erano tutti basiti dai nuovi programmi, disgustati dal cibo. Ad un certo punto si sentì una voce metallica parlare e tante altre  se ne sentivano in altre parti della scuola; erano dei robot a parlare:
<<Buongiorno ragazzi! Siamo i nuovi rappresentanti d’istituto … si, lo sappiamo, non  ci avete eletti voi ma tranquilli, non possiamo fare peggio di quelli che c’erano prima. Le disposizioni di oggi sono le seguenti: una volta finita la ricreazione le ragazze dovranno recarsi  nella sala bung … nel laboratorio di inglese per assistere alla visione di Baaria, i ragazzi avranno la possibilità di intrattenersi  con delle generosissime escort in palestra.>>
Le disposizioni furono seguite alla lettera e nei ragazzi tornò la fiducia nel preside con un’eccitazione che cresceva avvicinandosi alla palestra. Le escort delusero le aspettative.
Erano tutte di età superiore ai 50 anni, in carne, le labbra che sembravano gommoni. La finezza tipica delle escort era il terzo mito a crollare dopo la moralità nella chiesa e la verginità delle nipoti minorenni egiziane.
Il piccolo Pietro provò a intrattenersi con una di esse, che rispose:
<<Pagamento anticipato.>>
<<Pagamento?>>
<<25 di bocca, 50 per fare l’amore, 100 per prendere una storta.>>
<<Una storta? Ma non è gratuito questo servizio della scuola?>>
<<Se non paghi ti denuncio alla Corte Prostituzionale, coglione!>>
<<Cerca di essere fina, sei una escort.>>
<<Fuori i soldi o ti piglio a calci in culo!>>
<<Ecco. Ok questo è troppo, vado dal preside a lamentarmi!>>
Il piccolo Pietro torno nel plesso centrale dell’istituto e salì al primo piano, diretto alla stanza del preside. Ma li trovò Adolfina.
<<Che ci fai qui?>> Era costretto a ripetersi.
<<Mi hanno fatta vicepreside. Ma tu pecché non sai in palestra? Io ti mando da preside!>>
<<E infatti cerco proprio lui.>>
Salirono al secondo piano e li Adolfina andò a chiamare il preside. Dalla stanza si sentivano rumori di musica da lap dance, urli, male parole e grida femminili. Quando il preside uscì aveva la faccia di un uomo scontento di aver lasciato il suo lavoro a metà: era basso, stempiato (o forse  con i capelli trapiantati), un po’ in sovrappeso.
<<Mi consenta egregio Pietro, non capisco cosa voglia da me.>>
<<Preside, lei è un mascalzone. Ha trasformato questa scuola in un puttanaio,il suo puttanaio,  amministrandola in modo dispotico. I programmi sono volti a creare un’ignoranza dilagante per poter meglio illudere gli scolari, la separazione delle attività è fallocratica e rivoltante. Chiedo ufficialmente le sue dimissioni.>>
Il preside lo ascoltò in silenzio, mutando più volte l’espressione del viso.  Era un uomo abituato a sentire sempre dei sì, dei complimenti, delle suppliche e mai degli insulti. Era incazzato perché aveva dovuto interrompere a metà un discorso interessantissimo sul principio di Pascal con una sedicenne fanciulla bionda con la quarta misura di reggiseno. Lo guardò con disprezzo, poi disse:
<<ADOLFINA, LIBERA I CANI!>>

E fu così che il piccolo Pietro finì sbranato o forse no, visto che non è mai esistito. Ma se c’è una morale in questa storia è la seguente: bisogna chiedere più libertà, più giustizia, più partecipazione e ,soprattutto, PIU’ CAPELLI!
Lorenzo Krhin